Monday, 16 February 2009

biberon magique














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I’d promised I would talk about movement in one of the next entries. Also I promised Francesco I would talk about time.

But before, I want to thank all those who have visited this space during this last year. You are from 31 different countries, spread across all the continents. Thank you. And I would appreciate ANY comment you might want to leave. You can even e-mail them at luca.va (at) hotmail (dot) com

Movement. Time. Of course these are two closely related concepts. Which are also of fundamental importance in photography. A long exposure can convey their idea quite well. But it can also capture their relative and abstract nature. A single photograph, which is something still by its own nature, is able to embed change in space and time.

{But before continuing, I have to reference again to Hofstadter’s Godel Escher Bach, a book that, as you may know, supplied me with particular inspiration. One of my favourite ideas emerging from this masterpiece is Tumbolia, of which I believed I wrote before. Obsessed by the idea of finding this non-place through photography, I ended up dreaming of it once. I was floating somewhere out in the interstellar space, and there were a series of fixed group of stars, like constellations. Everything else was four-dimensional, the fourth dimension being basically represented by time. Now, how can I explain such an abstraction? The best way is showing a long-exposure shot. Imagine you drag a piece of paper perpendicularly to its face, and by summing up the infinitesimal changes in its position, you end up with a 3D shape.

{{Oh, that actually reminded me of my childhood…I can recall I was about ten years old, and already be troubled by such thoughts. Like I would spend various minutes wondering how one- or two-dimensional shapes can exist, for even the thinnest line you can draw with a pencil will be characterized by a finite thickness, so why would my maths teacher talk about lines at all?

{But anyway, such was my dream about Tumbolia, a place where no past, no future existed, as past, present and future were all there, at the same time.

Was it just a dream, or does it have anything to do with the real nature of the universe? Are movement, time just an illusion? Are they the mere result of our limited perception? Would a superior creature, able to perceive the world in four dimensions, be able to look through past and future, maybe by simply moving its eyes around?

Of course this is nothing new, for Zeno already put such paradoxes up front more than two millennia ago. Here, I’ll leave the answer to you.

Avevo promesso che avrei parlato di movimento in una delle prossime entry (maledetto inglese...). Avevo anche promesso a Francesco che avrei parlato di tempo.

Ma per iniziare, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno visitato questo spazio durante questo ultimo anno. Siete da 31 Paesi, sparsi su tutti i continenti. Grazie. E apprezzerei molto QUALSIASI commento voi abbiate voglia di lasciare. Potete anche farlo mandandomi una e-mail a luca.va (at) hotmail (dot) com

Movimento. Tempo. Ovviamente si tratta di due concetti strettamente correlati. Che sono anche di fondamentale importanza in fotografia. Una esposizione lunga puo’ renderne l’idea piuttosto bene. Ma puo’, allo stesso tempo, coglierne la natura relativa ed astratta. Una singola fotografia, che e’ un qualcosa si immobile per definizione, riesce a racchiudere un cambiamento nello spazio e nel tempo.

{Ma prima di continuare, devo fare riferimento nuovamente a Godel Escher Bach di Hofstadter, un libro che, come sapete, mi ha fornito particolare ispirazione. Una delle mie preferite idee che emergono da questo capolavoro, e’ quella di Tumbolia, alla quale credo di aver gia’ accennato in precedenza. Ossessionato dall’idea di trovare questo non-luogo tramite la fotografia, ho finito per sognarlo una notte. Fluttuavo da qualche parte nello spazio intersiderale, e c’erano dei gruppi fissi di stelle, come costellazioni. Tutto il resto aveva quattro dimensioni, con la quarta dimensione rappresentata dal tempo. Come posso spiegare una tale astrazione? Il miglior modo di farlo e’ forse mostrare una foto scattata con lunga esposizione. Immaginate di trascinare un foglio di carta perpendicolarmente alla sua faccia e, sommando le variazioni di posizione infinitesime, otterrete una forma tridimensionale.

{{Ah, questa cosa mi ha ricordato della mia infanzia...avro’avuto dieci anni all’incirca, e gia’ afflitto da tali pensieri. Del tipo che potevo spendere vari minuti a chiedrmi come potessero esistere forme ad una o due dimensioni, che’ anche la linea piu’ sottile che potessi disegnare con una matita era caratterizzata da uno spessore finito, e allora perche’ il mio insegnante di matematica parlava di linee?

{Ad ogni modo, questo e’ il sogno che ho avuto di Tumbolia, un posto dove ne’ passato, ne’ presente esistevano, poiche’ passato, presente e futuro erano tutti li’, in quello stesso momento.

Si e’ trattato solo di un sogno, o e’ qualcosa che ha a che fare con la natura reale dell’universo? Puo’ essere che il movimento, il tempo, siano solo un’illusione? Il semplice risultato della nostra limitata percezione? Riuscirebbe una qualche creatura superiore, capace di percepire il mondo in quattro dimensioni, a guardare attraverso passato e futuro, magari semplicemente muovendo lo sguardo?

Naturalmente quello che dico non e’ niente di nuovo, dato che Zenone pose l’attenzione su questi paradossi piu’ di due millenni fa.

Qui, io lascio la risposta a voi.

Sunday, 1 February 2009

and keep daydreaming (of the facebook fuckface)






















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I’m not a portraiter. Sorry. Sometimes the friends to whom I show my photos inquire me about the lack of human beings. No, seriously, I do like interacting with people, meeting new ones, talking to strangers. But this thing of the portraits, it just seems too unbalanced to me, to watch your model from behind a viewfinder. Model, photographer, it seems enough of a hierarchy. Still, behind a viewfinder is much better than behind a computer monitor.

I’m kind of fed up of having to explain why I don’t have a facebook account, more or less to the same extent I’m tired of explaining why post-processing is an integral, inseparable part of digital photography (it sounds a bit random, just these are two things I’ve been asked a lot recently). I shall invent something, an excuse. Really. I could be speaking for hours about the misuses of facebook, but I don’t think that is necessary, nor would it be interesting to the readers. I only want to report a motivation I was given once by somebody, in order to justify the use of facebook. This person told that having to write an email (which in itself, is not the best means of communication) to a friend (whatever the meaning the word acquired in the world of virtual relationships) would take too long. And so this person would be able to write thirty facebook messages rather than a single email in half an hour. That sounds incredibly efficient! And a perfect picture of the zeitgeist. All about quantity rather than quality. I don’t know whether am I allowed a self-quotation here, and talk about disposable relationships...

Hey. Could we do that again? I know we haven't met, but I don't want to be an ant. You know? I mean, it's like we go through life with our antennas bouncing off one another, continously on ant autopilot, with nothing really human required of us. Stop. Go. Walk here. Drive there. All action basically for survival. All communication simply to keep this ant colony buzzing along in an efficient, polite manner. "Here's your change." "Paper or plastic?' "Credit or debit?" "You want ketchup with that?" I don't want a straw. I want real human moments. I want to see you. I want you to see me. I don't want to give that up. I don't want to be ant, you know?

P.S. many thanks to Vincenzo for letting me publish his portrait. With a smile like his, it is just too easy to take portraits…even for me.

The text in italics is a quotation from Waking Life

Non sono un ritrattista. Mi dispiace. A volte, gli amici a cui mostro le mie foto, mi interrogano sull'assenza di esseri umani. No, sul serio, a me piace interagire con le persone, incontrarne di nuove, parlare ad estranei. Ma questa cosa dei ritratti, mi sembra solo troppo squilibrata, osservare il tuo modello da dietro un mirino. Modello, fotografo, e’ gia’ un qualche tipo di gerarchia. Beh, sempre meglio dietro un mirino che dietro il monitor di un computer.

Quasi non ne posso piu’ di dover spiegare perche’ non ho un account con facebook, piu’ o meno allo stesso modo di quanto sia stanco di dover spiegare perche’ il post-processing sia una parte integrale, inseparabile, della fotografia digitale (suona un po’ come un’associazione casuale, e’ solo che queste due cose mi sono state chieste spesso recentemente). Devo inventarmi qualcosa, una scusa. Davvero. Potrei stare a parlare per ore del cattivo utilizzo di facebook, ma non credo cio’ sia necessario, ne’ interessante per i lettori. Voglio solo riportare la motivazione datami una volta da una persona per giustificare l’utilizzo di facebook. Questa persona mi disse che scrivere una email (non il miglior mezzo di comunicazione di per se’) ad un amico (qualunque sia il significato assunto dalla parola nel mondo delle relazioni virtuali) richiederebbe troppo tempo. E che in mezz’ora riuscirebbe a scrivere trenta messaggi su facebook piuttosto che una sola email. Sembra una cosa incredibilmente efficiente! Ed una perfetta immagine dello zeitgeist. La quantita’ prima della qualita’, sempre. Non so se mi e’ permessa un’auto-citazione qui, ma mi verrebbe da parlare di relazioni usa e getta...

Hey. Possiamo rifarlo daccapo? So che non ci conosciamo, ma io non voglio essere una formica, capisci? Voglio dire, e’ come se noi vivessimo la vita rimbalzando contro le antenne degli altri, sempre in modalita’ pilota-automatico-formica, senza che sia richiesto nulla di umano. Fermati. Vai. Cammina qui. Guida li’. Tutte azioni fatte per sopravvivere. Ogni comunicazione fatta per portare avanti questa colonia di formiche in una maniera efficiente ed educata. “Ecco il suo resto”. “Carta o plastica?”. “Credito o debito?”. “Vuole del ketchup?”. Non voglio una cannuccia, voglio attimi di reale umanita’. Voglio vederti. Voglio che tu veda me. Non voglio rinunciare a tutto cio’. Non voglio essere una formica, capisci?

P.S. Ringrazio Vincenzo per il permesso di pubblicare il suo ritratto. Con un sorriso come il suo e’ troppo facile fare ritratti...persino per me.

Il testo in corsivo e' una citazione da Waking Life

 
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