Saturday, 20 December 2008

overcast/overwhelmed















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And what’s photography, if not an extension to our imagination? A secret path, leading to the non-place hidden behind our eyelids. In dreams, emotions are overwhelming. Those emotions stay floating in the air, they’re a photograph waiting to be taken. After all, I started this non-place after having seen a recurrent dream in a photo.

That snow, which never fell, is now floating here, in time, for my companion.

The text contains a quotation from the film The Science of Sleep

No software has been used to manipulate the photo

E cos’e’ la fotografia, se non un’estensione della nostra immaginazione? Un sentiero segreto, che ci porta nel non-luogo nascosto dietro le nostre palpebre. Nei sogni, le emozioni sono travolgenti. Quelle emozioni restano sospese in aria, sono una fotografia che attende di essere scattata. Dopo tutto, ho dato inizio a questo non-luogo dopo aver visto un sogno ricorrente in una fotografia.

Quella neve che non cadde mai e’ora sospesa qui, nel tempo, per il mio compagno di viaggio.

Il testo contiene una citazione dal film L’Arte del Sogno

Nessun software e’ stato utilizzato per manipolare la foto

Thursday, 4 December 2008

at the sun spacecraft terminal (serendipity)















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…And yet your way can hold surprises sometimes. You can use your intuition, but how are you going to be sure that was the right way? Paradoxically, events may lead the wrong way to become the right one. Or is it just that the way’s just one? Perhaps there’s just no answer and we should simply stop asking ourselves.

…Eppure la “nostra” strada puo’ a volte riservare sorprese. Si puo’ usare l’intuito, si, ma come si puo’ essere sicuri di essere sulla strada giusta? Paradossalmente, gli eventi possono far si che la strada sbagliata diventi quella giusta. O sara’ forse che la strada e’ in fondo una sola? Forse non c’e’ risposta, e bisognerebbe semplicemente smettere di chiederlo a noi stessi.

Monday, 1 December 2008

a moment of clarity















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There are things happening that do not simply happen by chance.

Yes, they do, indeed. But. One has to be able to catch their symbolicity.

There are things happening that are like messages.

As when you’re looking at an apparently abstract photograph…until you suddenly recognize a pattern.

There are things happening that are like a revelation. And then you begin to clearly distinguish a pattern throughout your life. And you can make your choice, to follow the pattern or to lie to yourself, and be just a shadow of yourself, against the bright light.

Ci sono cose che non capitano puramente per caso.

Si, in realta’ lo fanno. Ma. Bisogna saper cogliere la loro simbolicita’.

Ci sono cose che capitano e sono come messaggi.

Come quando guardi una foto apparentemente astratta...finche’ improvvisamente si intravvede un motivo.

Ci sono cose che succedono e sono come una rivelazione. E allora si inizia a scorgere chiaramente un percorso attraverso la propria esistenza. E si e’ liberi di scegliere, se seguire questo percorso, o mentire a se’ stessi, ed essere un’ombra di se’ stessi, in controluce.

Monday, 17 November 2008

dim echo from the silentscape













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Sounds were what impressed me the most during my trip to Lapland. The moaning of thin layers of ice cracking on the surface of lakes, a stream running through the snowy wood, the distant howling of the huskies. And then silence. Such combinations of sight and sound do leave me paralyzed.

The impossibility of capturing sounds is certainly a limiting factor in photography. At least theoretically.

I might as well quit photography once I felt I overcame this limit. But that’s my idea of photography, I almost totally lack interest in documentary photos. A photo should rather involve your senses, dig deep down and find a path to the pristine emotion. It should even amplify what you felt in the moment of shooting. That feeling of being paralyzed I felt in the forest. Closing your eyes and listening to the view.



I suoni sono cio’ che piu’ mi ha colpito durante il mio viaggio in Lapponia. Il lamento di sottili lastre di ghiaccio che si frammentano sulla superficie dei laghi, un ruscello che scorre lungo un bosco innevato, l’ululato degli husky in lontananza. E poi silenzio. Una tale combinazione di suoni e scenari riesce a paralizzarmi.

L’impossibilita’ di cogliere cio’ che udiamo e’ senz’altro un limite della fotografia. Almeno in teoria.

Potrei anche abbandonare la fotografia il giorno in cui pensassi di aver superato questo limite con uno scatto. Ma tale e’ la mia idea di fotografia, non ho quasi alcun interesse nello scattare foto documentaristiche. Una foto dovrebbe piuttosto coinvolgere i sensi, scavare fino a trovare un percorso che giunga alla pura emozione. Dovrebbe persino amplificare quel sentimento che si e’ provato al momento dello scatto. Quella sensazione di paralisi che ho avvertito nel bosco. Chiudere gli occhi e ascoltare il panorama.

Tuesday, 4 November 2008

amore DOC
















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Love. Love can be a pretty difficult theme to go over. First of all, I find it very complicated to give a definition of love. I have a mathematical mind, therefore I need clear definitions. Is it a blurry image in our mind? Like a distant memory mingled with fantasy. A romantic picture. Might love as well be a disease? I’m not talking about being 'lovesick'. I just wonder if love can be assimilated to an OCD (Obsessive Compulsive Disorder). I think that would make it much closer to art than any mellow song or novel could ever make. I personally have quite a compulsive approach towards things such as alcohol, cigarettes, sex. Things which in a way or another have been associated to art. I might have an even more obsessive-compulsive attitude towards photography, be it staring at somebody else’s piece of art or going outdoor with my camera and use photography as a Panacea. Then let’s love be art. And art be love.



Amore. L’amore puo’ essere un tema piuttosto complicato da affrontare. Prima di tutto, trovo estremamente difficile darne una definizione. La mia mente matematica ha bisogno di definizioni chiare. Si tratta forse di un’immagine sfocata nella nostra mente? Come un ricordo distante frammisto a fantasia. Una foto romantica.

E se invece l’amore fosse una malattia? Non nel senso romantico di ‘malattia d’amore’. Mi chiedo piuttosto se possa essere assimilato ad un Disturbo Ossessivo Compulsivo. Penso che forse cio’ lo avvicini all’arte piu’ di quanto una canzone o un romanzo possano fare. Personalmente, ho un approccio piuttosto compulsivo verso cose come l’alcol, le sigarette, il sesso. Tutte cose che in una maniera o l’altra sono state associate all’arte. Posso avere un approccio maggiormente ossessivo-compulsivo verso la fotografia, che si tratti di fissare l’opera di altri o andare in giro ed usare la fotografia come Panacea. Che l’amore sia arte, dunque. E arte amore.

Wednesday, 29 October 2008

for federico















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I dreamt of the Traum-garten, was there at magic hour

Steady shining stars

Showed me the way. And all

The rest was moving, and past and present were

In that very moment – there

Now there’s a new star

Whose dream’ll be for good. Tell me,

What’s like to be there? From waking dream to waking dream

Is it more real than here? Your soul

Becoming thought, your body – like water turning into vapour

Blossoming into the sky.


Farewell sweet prince



Ho sognato del Traum-garten, al crepuscolo vi andai

Stelle fisse fiammeggianti

Mi indicavano la via. E tutto il resto era

In movimento, e presente e passato assieme

In quel momento – li’

Ora c’e’ una nuova stella,

Il cui sogno sara’ per sempre. Dimmi

Come ci si sente? Da sogno lucido a sogno lucido

E’ piu’ reale che qui? La tua anima

Diviene pensiero, il tuo corpo – come acqua che si traforma in vapore

Germogliando in cielo.


Addio dolce principe

Sunday, 5 October 2008

i disappoint you. you give up (out) on me
















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Eventually we made it to our distant peninsula. At the beginning we did our best to convince ourselves what we could see did match our expectations. But it became clear with time. Yes, now we can’t help feeling slightly disappointed, as what we found is not what we expected, what we let ourselves dream of. Is reality really that bad? We don’t know, what matters now is we won’t be ever able to dream about that place again and we start to regret we ever decided to go. One suddenly realizes it would have been just nice to keep on dreaming about it, but that’s how human nature is, and we eventually yield to desire, to desire that burns our soul from the inside. Weakness, so human. And yet, if we only were able to see the real beauty in a place, in somebody else, leaving any expectation aside. Seeing somebody, rather than projecting our dreams into it. That’d be much more human.
___________________________________________________________________

Infine siamo giunti presso la nostra penisola lontana. All’inizio abbiamo fatto del nostro meglio per convincere noi stessi del fatto che cio’ che vi abbiamo trovato corrispondesse alle nostre aspettative. Ma divenne chiaro col tempo. Si, ora non possiamo fare a meno di sentirci leggermente delusi, perche’ cio’ che abbiamo di fronte non e’ quello che ci aspettavamo, non e’ cio’ di cui abbiamo lasciato noi stessi sognare. La realta’ dei fatti e’ davvero cosi’ brutta? Difficile a dirsi, cio’ che importa adesso e’ che non potremo mai piu’ sognare di quel posto, e allora iniziamo a pentirci di essere andati. All’improvviso ci si rende conto che sarebbe stato bello poter semplicemente continuare a sognare, ma in fondo e’ la natura umana, alla fine ci si arrende al desiderio, al desiderio che da dentro brucia l’anima. Una cosi’ umana debolezza. E pur tuttavia, se fossimo capaci di cogliere la reale bellezza di un posto, di un’altra persona, lasciando da parte ogni tipo di aspettativa. Vedere qualcuno, piuttosto che proiettarvici dentro i nostri sogni. Ecco, sarebbe molto piu’ umano.

Monday, 22 September 2008

saudade















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Girl “Hi”

Boy “Hi”

G. “Is it that distant peninsula you’re looking at?”

B. (nods)

G. “Seems like everybody here gets fascinated by the view…it must be amazing over there”

B. “Are you aware of anybody who ever made it there?”

G. “Not really. Everybody just gives up, apparently. It’s a long way to go”

B. “What about you?”

G. “I’m a student, took a year off and…”

B. “Oh…I mean…have you ever tried to get there?”

G. “No”

B. “Why not?”

G. “I guess…I just prefer to stay here, and gaze at it, dream of it, and get a bit lost. You know…reality’s not always as good”

B. “Yeah, I see”

***

G. “Hey! How did you do that?”

B. “I…I’m not too sure…just can’t recall right now. I guess…yeah…I must have built this paper boat while I was asleep”

G. “And you’re setting sail for the peninsula?”

B. “You coming with me?”

G. “Thanks…thank you, but I think this has to be YOUR voyage”

B. “Sure. Well, then…farewell!”

***

B. “’Morning”

G. “Hey. Did you have a good night?”

B. “Kind of…I dreamt I travelled to the peninsula on a paper boat. That was…so real”

G. “And how was there?”

B. “Awful. Perhaps you’re right, it wouldn’t probably ever be the way we imagine it”

G. “Did you give up then?”

B. “Come”

G. “Where?”

B. “On my paper boat. We’re going to get there”



Girl “Ciao”

Boy “Ehi”

G. “E’ quella penisola lontana che guardi?”

B. (annuisce)

G. “Sembra che tutti restino affascinati alla sua vista...deve essere meraviglioso laggiu’”

B. “Sai di nessuno che sia mai riuscito ad arrivarci?”

G. “No. A quanto pare tutti rinunciano alla fine. La strada e’ lunga”

B. “E tu?”

G. “Sono una studentessa, ho deciso di prendere un anno di stop e...”

B. “Intendevo dire...mai provato ad arrivarci?”

G. “No”

B. “Perche’?”

G. “Non saprei...e’ che preferisco restar qui, e contemplarla, sognarla, e perdermi un po’. Sai...la realta’ non sempre e’ altrettanto bella”

B. “Gia’”

***

G. “Ehi! Ma...come hai fatto?”

B. “Non...non sono sicuro, io...non ricordo in questo momento. Ma devo aver costruito questo battello di carta mentre dormivo”

G. “E sei in partenza per la penisola?”

B. “Vieni con me?”

G. “Grazie. Grazie, ma...ecco, credo che questo debba essere il TUO viaggio”

B. “Certo. Beh, allora...addio”

***

B. “’Giorno”

G. “Ciao. Passato una buona nottata?”

B. “Si, piu’ o meno. Ho sognato di aver viaggiato verso la penisola su di un battello di carta. Sembrava...cosi’ reale”

G. “E come era laggiu’?”

B. “Orribile. Forse hai ragione tu...in fondo...forse non sarebbe mai cosi’ come la immaginiamo”

G. “Vuol dire che ci hai rinunciato?”

B. “Vieni”

G. “Dove?”

B. “Sul mio battelo di carta. Andiamo lì’”

Monday, 1 September 2008

demise:dismay






















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This photo is dedicated to the fucker who stole my camera: we will meet again one day.


Does an ethical code exist in photography? Is there a threshold in photo manipulation beyond which it can be said we’ve gone too far? After all, the first attempts of photo manipulation date back to the early days of photography. Well before the digital revolution. Probably, some techniques may appear more “ethical” than others. Take this photo for instance, it is likely that nobody would ever blame me for having desaturated the original (unless he saw the colours version and reckoned it was more appealing) and thus altered, in a way, the reality. But here’s where the argument becomes circular.

What’s the intent of a photograph? Is it about what we see or what we feel? I believe both levels are important. The explicit message of the photo is what is immediately perceived, the expression on a face in a well executed portrait, an exotic landscape. But then there’s an implicit message, which is the sentiment the photographer tries to convey, the highly subjective response triggered in that very moment in the photographer’s emotional circuit. Communicating such feelings is for sure the hardest task not only when we take a photo, but also when we reinterpret that particular moment in front of a computer, trying to re-exhume our innermost feelings, and translate them into the final ‘output’.

So, what about this b&w? Perhaps the colours were not as relevant for the soul as they might have been for the eye. Maybe some photos are capable to bypass the first sensorial response, and penetrate the soul straight, screaming and shaking it from the inside.

Manipulated pixels yet pristine sentiment. Here lies the ethics maybe. To let the manipulation be a personal process, with the aim of reaching the deep core of a feeling, slowly and silently, rather than a trick conceived to seduce the eye and gain immediate attention. Eyes are deceptive, truth lies in our eyelids.


Thanks to my dearest friend Pamela, whose comments on this photo contributed to gain inspiration for this text.



Questa foto e’ dedicata al fottuto bastardo che mi ha rubato la fotocamera: ci incontreremo nuovamente un giorno.


Esiste un codice etico in fotografia? Esiste una soglia, nella manipolazione delle fotografie, al di la’ della quale possiamo asserire di esserci spinti oltre? Dopo tutto, le prime tecniche di manipolazione fotografica risalgono alle origini della fotografia stessa. Ben prima dell’avvento della rivoluzione digitale. Probabilmente alcune tecniche possono apparire piu’ “etiche” di altre. Prendete ad esempio questo scatto, e’ probabile che nessuno si lamenti per il fatto che io abbia desaturato l’originale (a meno che non abbia visto l’originale a colori e lo abbia trovato piu’ interessante) e in qualche modo alterato la realta’. Ma e’ qui che l’argomento rischia di diventare circolare.

Qual e’ il vero intento di una foto? Riguarda cio’ che vediamo o cio’ che sentiamo? Io credo che entrambi i livelli siano importanti. Il messaggio esplicito rinchiuso in una foto e’ rivelato da cio’ che viene immediatamente percepito, l’espressione dipinta sul viso in un ritratto ben riuscito, il fascino di un paesaggio esotico. Ma poi vi e’ un messaggio implicito, che riguarda il sentimento che il fotografo cerca di trasmettere, la risposta altamente soggettiva innescata in quel preciso istante nel circuito emotivo del fotografo. Comunicare un tale sentimento e’ uno dei compiti piu’ difficili, non solo nel momento in cui si scatta, ma anche quando reinterpretiamo quel particolare momento di fronte ad un computer, cercando di riesumare la nostra interiorita’, e tradurla nel prodotto finale.

Cosa dire, dunque, di questo bianco e nero? Forse i colori non erano rilevanti per l’animo alla stesso modo in cui potrebbero esserlo stati per l’occhio. Forse alcune foto possiedono la capacita’ di aggirare la prima risposta sensoriale, insinuandosi immediatamente in fondo all’anima, urlando, e scuotendola da dentro.

Pixel manipolati, inalterati sentimenti. E’ forse tutta qui l’etica. Lasciare che la manipolazione di una foto sia un processo personale, con lo scopo di raggiungere il nucleo di un sentimento, lentamente e silenziosamente, piuttosto che esser concepita per sedurre l’occhio, e attrarre attenzione a tutti i costi. Gli occhi sono ingannevoli, la verita’ risiede nelle palpebre.


Ringrazio la mia cara amica Pamela, i cui commenti a riguardo di questa foto hanno contribuito a trovare l'ispirazione per questo testo.

Monday, 28 July 2008

part monster









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In an older post I tried to wonder how it would be like to look at ourselves from the eyes of somebody else. Now I realised there’s no need of any out-of-body journey to accomplish that. Sometimes we look into the mirror, but we don’t get any answer, we fail to recognize how we look like. But then you look at yourself reflected in somebody else’s eyes, and suddenly understand the way you look.



In un vecchio post avevo provato a chiedermi come sarebbe guardare a noi stessi con gli occhi di un osservatore esterno. Ora mi sono reso conto che per far cio’ non vi e’ bisogno di un viaggio extra-corporeo. A volte guardiamo nello specchio, ma senza ottenere risposta alcuna, non riusciamo a riconoscere com’e’ che sembriamo. Ma poi uno guarda l’immagine di se stesso riflessa negli occhi di qualcun’altro, ed allora si ha un’improvvisa rivelazione di come si appare.


Piano Magic
- Part Monster



I produce too much of something, not enough of something else
But the doctors cannot help me with the puzzle of my health
And I’m tired of easy music
And I’m tired of pretty girls
And I’m tired of being tired
And I’m tired of being hurt
I am the soldier at the back who is burdened by his books
Though I stare into the mirror, it does not tell me how I look
So I’m shaving in the darkness and I’m turning in my sleep
And I’m turning like a monster with a dead man in his teeth


Saturday, 26 July 2008

alles glühen















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A slumber did my spirit seal;

I had no human fears:
She seemed a thing that could not feel
The touch of earthly years.
No motion has she now, no force;
She neither hears nor sees;
Rolled round in earth's diurnal course,

With rocks, and stones, and trees.

(W. Wordsworth)


As the universe switched on I landed. Long voyage to Tumbolia. I was greeted by characters of my dreams, and of my hypnagogic allucitations, and all the secret places where I wandered alone on Sunday afternoons and I could never find, they were there. Everything glowed and everything was real. And I felt no fear, for I was their little universe. All of us is a universe, inhabited by dreams, they dwell when we’re asleep, then they suddenly dissolve, yet still they’re part of it.



Nel momento in cui l’universo si accendeva io approdavo. Lungo viaggio verso Tumbolia. Fui salutato da personaggi dei miei sogni, e delle mie allucinazioni ipnagogiche, e tutti i posti segreti in cui vagabondavo in solitudine nelle domeniche pomeriggio, essi erano li’. Tutto risplendeva, e tutto era reale. E non avevo paura, perche’ io ero il loro piccolo universo. C’e’ un universo in ognuno di noi, abitato dai nostri sogni, essi vi risiedono mentre dormiamo, poi si dissolvono all’improvviso, e pur tuttavia continuano a farne parte.


Tuesday, 22 July 2008

imperfection






















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This tiny creature represents the symbol of strength and resilience to me.

This photo is dedicated to all of you who have been told, at least once, to be weak and irresolute, those who have been told to have been too shy, those who have been advised to change their own behaviour. Advice, yeah… just fuck off. A walnut, you crush a walnut, you won’t ever be able to put the pieces together again. But honey, try to crush honey, sweet and resilient, and strong.

This text contains explicit reference to Fred Vargas’s Dans les bois éternels



Questa minuta creatura rappresenta per me il simbolo della forza e della resilienza.

Questa foto e’ dedicata a tutti coloro cui e’ stato detto, almeno una volta, di essere deboli ed irrisoluti, coloro cui e’ stato detto di essere stati troppo timidi, coloro cui e’ stato consigliato di cambiare il loro modo di essere. Consigli, certo... andate a fare in culo. Una noce, una noce la schiacci, non ne metterai mai piu’ insieme i pezzi. Ma il miele, provate a fare a pezzi il miele, dolce e resistente, e forte.

Questo brano contiene un riferimento esplicito a Dans les bois éternels di Fred Vargas

Sunday, 13 July 2008

glósóli




























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There is pleasure in the pathless woods;

There is rapture on the lonely shore;
There is society, where none intrudes;
By the deep sea, and music in its roar;

I love not man the less, but Nature more...


This is Lord Byron's quote that opens the film Into the Wild. There’d be much to talk about that film, so if you haven’t done it yet, go rent it…

One late afternoon I was on a bus back from a hiking day. As I looked outside the window I saw something astonishing. The mountains, gently heated by the setting sun, were literally glowing, looking almost orange. As I enjoyed the fantastic view I started to wonder what if this is all going to finish one day? Are progress, building speculation, man’s avidity gradually going to wipe all this out and replace it with concrete blocks? Each time I get back to my hometown I see the city ruthlessly advancing, swallowing countryside, beaches, skies. I remember when I was a child, going out and playing in the fields. Those fields do not exist anymore. What if our children will never know those things? I can figure the feeling of nature, smells, sounds, replaced by some artificial electrical stimulation.

I kept on staring at the glowing mountains
Slightly reassured by the thought
That one day Nature will take everything back


Photos taken in Pian Grande di Castelluccio, Italy

Glósóli, Sigur Ros


Quella che potete leggere e’ la citazione di Lord Byron che apre il film Into the Wild. Ci sarebbe molto da parlare a proposito del film, per cui se non lo avete gia’ visto cercate di procurarvelo...

Un tardo pomeriggio ero su un autobus di ritorno da un giornata di trekking. Guardando fuori dal finestrino vidi qualcosa di sorprendente. Le montagne, gentilmente scaldate dal sole calante, stavano letteralmente risplendendo di un colorito quasi arancione. Mentre mi godevo la vista cominciai a pensare e se un giorno tutto cio’ finisse? Se un giorno progresso, speculazione edilizia, avidita’ umana cancellassero tutto questo, rimpiazzandolo con blocchi di cemento? Ogni volta che torno nel mio paese natale vedo che la citta’ avanza incurante, inghiottendo campagne, spiagge, cieli. Ricordo che da bambino potevo uscire di casa e giocare nei campi. Quei campi non esistono piu’. E se i nostri figli non sapranno mai di quelle cose? Immagino dello spirito della natura, i suoi odori, suoni, rimpiazzati da qualche stimolo elettrico artificiale.

Continuai a guardare le montagne splendenti
Leggermente riassicurato dal pensiero
Che un giorno la Natura riprendera’ tutto indietro


Foto scattate a Pian Grande di Castelluccio, Italia

Glósóli, Sigur Ros

Monday, 7 July 2008

a voyage

















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A few photos ago I promised I would spend a few words about photography and the representation of reality. I sense this deep sea is going to take me way too far. As we engage in this voyage, we soon come across some conceptual dangerous waters. Watercolours to set free, ephemeral inner worlds, a camera for a painter’s brush, palettes made up of light. I’m not sure whether photography is more about reality rather than imagination.

…Or is reality itself more about imagination?

A photo is the result of the interaction between light and a sensor (or a photographic emulsion) at the same way as reality stems from the interplay between perception and emotional response. Both photography and reality are largely subjective. And ephemeral. Eternity won’t be enclosed into a portrait or a landscape, if our feeling for that face or that place has changed in time. If the spider bite has made its course. Reality as well is ever changing, as we perceive it and assimilate it and re-project our interpretation outwards. In an infinite loop. Reality is limited, reality is a subset of our imagination and our world of dreams. There are faces, places our eyes are not able to see, but that doesn’t mean they don’t exist. They exist in dreams. And once we wake up, this invisible ark of photography can still rescue them.

Qualche foto fa avevo promesso di spendere qualche parola a proposito di fotografia e rappresentazione della realta’. Posso gia’ avvertire come questo mare profondo mi portera’ troppo lontano. Avventurandoci in questa traversta, ci imbattiamo presto in acque pericolose concettuali. Acquerelli da liberare, effimeri mondi interiori, una fotocamera come un pennello, tavolozze di luce. Non sono sicuro se la fotografia riguardi la realta’ piu’ di quanto riguardi l’immaginazione.

...O forse la realta’ stessa riguarda di piu’ l’immaginazione?

Una foto e’ il risultato dell’interazione tra la luce ed un sensore (o un’emulsione fotografica) un po’ come la realta’ deriva dalla reciprocita’ tra percezione e risposta emotiva. Sia la fotografia che la realta’ sono ampiamente soggettive. Ed effimere. L’eternita’ non puo’ essere racchiusa in un ritratto o in un paesaggio, se cio’ che per noi e’ rappresentato in quel volto o in quel luogo e’ cambiato nel tempo. Se la puntura del ragno ha compiuto il proprio corso. La realta’ stessa cambia continuamente nel tempo, mentre noi la percepiamo, assimilandola, riproiettando verso l’esterno la nostra interpretazione. Un circolo infinito. La realta’ e’ limitata, la realta’ e’ un sottoinsieme della nostra immaginazione e del nostro mondo dei sogni. Ci sono volti, posti, che gli occhi non riescono a vedere, e tuttavia cio’ non vuol dire che essi non esistano. Esistono nei sogni. E una volta svegli, quest’arca invisibile che e’ la fotografia puo’ ancora metterli in salvo.

Sunday, 29 June 2008

up into the silky way she'll float















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Silkworms take three days to spin their cocoons, which are made of a single thread as long as up to two or three kilometers. That’s an amazing work, can you imagine the patience, the love it takes…with the hope, one day, of becoming a butterfly. Coming out of the cocoon and flying, free, into the sky. Only three days, that’s how long a butterfly can live. But they rather live three days like that, free, beautiful and anonymous than an eternity as a silky cloth, draping a king’s shoulder.

Giving up the construction of its own cocoon, though it costs living like a larva for two weeks, is an unforgivable mistake. Because only by flying as a butterfly life can be lived for real, high into the deep core of it.

I bachi da seta impiegano tre giorni ad avvolgere il loro bozzolo, fatto di un singolo filo, lungo fino a due o tre kilometri. Un lavoro incredibile, immaginate quanta pazienza, quanto amore richieda...con la speranza di diventare, un giorno, una farfalla. Venir fuori dal bozzolo, volare libera nel cielo. Solo tre giorni, e’ quanto una farfalla puo’ vivere. Ma le farfalle preferiscono vivere tre giorni in quella maniera, libere, belle ed anonime, piuttosto che un’eternita’ come un tessuto di seta, ad ammantare le spalle di un re.

Rinunciare alla costruzione del proprio bozzolo, benche’ costi dover vivere due settimane allo stato di una larva, sarebbe un errore imperdonabile. Perche’ soltanto volando come una farfalla la vita puo’ essere vissuta appieno, in alto, fino al suo profondo cuore.

Tuesday, 24 June 2008

wishful: wistful



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Bold Lover, never, never canst thou kiss,
Though winning near the goal—yet, do not grieve;
She cannot fade, though thou hast not thy bliss,
For ever wilt thou love, and she be fair!

(J. Keats - Ode on a Grecian urn)

Finding a place to reach. A distant shore. Letting your life be the distance in between. Faraway peninsula. Getting closer and closer. Day after day. Obsessively. What we long for is not being there, but getting there. Never as charming. Dreaming of that place. Dreaming of the idea of that place. Obsessively. Getting there. Waking up from your dreams. Cold morning wispering: I’m sorry, I’m busy. And short-circuiting your affective system.

I’ll leave you with an excerpt form Fred Vargas’s Dans les bois eternel:

‘And sometimes it still itches. It itches on the part of my arm that isn’t there, sixty-nine years later. In the same place, always the same place...It was the spider’s bite. When I lost my arm, I hadn’t finished scratching. So it goes on itching…Because the spider’s bite hadn’t finished its life — do you understand what I’m saying? It wants its dues, it’s taking its revenge…Feelings. If a fellow goes on loving a girl, or the other way round, when it’s all over…But why does he go on loving the girl, or the other way round? What explains it?...It’s quite simple. It’s because the feeling hasn’t run its course. It’s beyond our control, that kind of thing. You have to wait for it to finish, go on scratching till the end...makes you itch non-stop.’

E tu, amante audace, non potrai mai baciare
Lei che ti è così vicino; ma non lamentarti
Se la gioia ti sfugge: lei non potrà mai fuggire,
E tu l'amerai per sempre, per sempre così bella.

(J.Keats - Ode su un'urna greca)

Trovare un luogo da raggiungere. Spiaggia in lontananza. Lasciare che la vita sia la distanza che e’ nel mezzo. Penisola distante. Avvicinarvisi sempre piu’. Giorno dopo giorno. Ossessivamente. Cio’ che si desidera non e’ essere li’, ma arrivarvi. Mai altrettanto affascinante. Sognare di quel posto. Sognare dell’idea di quel posto. Ossessivamente. Arrivare li’. Svegliarsi dai propri sogni. Freddo mattino che sussurra: I’m sorry, I’m busy. E manda in corto circuito il sistema affettivo.

Chiudo con un estratto dal romanzo di Fred Vargas Dans les bois eternel:

“Alle volte da ancora prurito. Prude ancora, dopo sessantanove anni, in quella parte del mio braccio che non c’e’ piu’. Sempre nello stesso posto...E’ stata la puntura del ragno. Quando persi il braccio, non avevo finito di grattarlo. E cosi’ continua a dare prurito...Perche’ la puntura del ragno non ha compiuto il suo corso, capisci? Chiede il conto, prende la sua rivincita...I sentimenti. Se un tizio ama una ragazza, o il contrario, poi quando tutto e’ finito...Perche’ continua ad amare la ragazza, o il contrario? Come si spiega?...Semplice. E’ perche’ il sentimento non ha compiuto il proprio corso. E’ al di la’ del nostro controllo, questo genere di cose. Devi aspettare che finisca, continuare a grattare...fa sentire un prurito interminabile.”

Friday, 30 May 2008

6 degrees of separation















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I want to refer back to the shrinking worlds of the previous photo. The small world is a concept whose possible applications span several fields, from sociology to physical sciences. I’ll skip on the latter, as I’ve been dealing with them enough for work, but this space is reserved to my own leisure, so let’s go straight to the applications to everyday life. In fact this idea was introduced in the field of social sciences, and in particular, for the study of social networks. It has to be noted that the term “social network” long predates those phenomena such as that Facebook shite. Anyways, a network is composed by nodes (people) and connections (say friendship). The first prerequisite of a small-world network is a small average path length, meaning that the distance between any two nodes has to be short enough. In other words, imagine you once saw a boy or a girl you found particularly attractive but you didn’t have the chance to talk to. If you were lucky enough to be living in a small world, then it’d happen for instance that his/her flatmate’s brother is a classmate of your cousin…which makes things easy enough for you to retrieve his/her mobile number (there are four degrees of separation between the two of you). Also, a small-world network is a democratic one as it has no leaders. A group which is held together by the strong personality of a single person would collapse whenever this hub is removed (e.g. the leader retires, passes away, etc…). On the contrary, all the members of a small-world network have strong relationships between each other such that the overall feeling of community won’t be affected by the departure of a single node. That’s the second characteristic of small worlds: they’re clustered.

That was the theory.

Now, what about the real world?

I believe in reality, as usual, things are not as simple. Human relationships are such a matter of chance. Think about the boy/girl you accidentally came across that we were saying before. Would you have ever met him/her if you left home five minutes later? Perhaps that would have never been another chance. Roads do cross so accidentally, but if we think about how far can the starting points of each of them be, in space and time, how many circumstances prepared this accidental collision. Try to force these roads to collide again and you won’t probably ever succeed. Like throwing a plastic cup and seeing it landing in equilibrium on the border of the trash bin…try to do that again intentionally, you can try thousands of times, you won’t likely be able to do that again.
Yet, in a shrinking world as the one we live in is indeed becoming, chances grow and average path lengths decrease. The drama is connections between nodes have become so precarious…

Vorrei fare un riferimento ai mondi che si restringono di cui alla precedente foto. Il concetto di piccolo mondo ha tutta una serie di possibili applicazioni, che vanno dalla sociologia alle scienze fisiche. Evito di parlare di queste ultime, dato che me ne sono gia’ occupato abbastanza per lavoro, e poiche’ questo e’ uno spazio dedicato al mio tempo libero, passo direttamente a parlare di come il concetto possa essere applicato alla vita di ogni giorno. In effetti, questa idea fu introdotta proprio nell’ambito delle scienze sociali, ed in particolare nel campo dello studio delle reti sociali. Si tenga in considerazione che il termine “rete sociale” (social network) e’ stato coniato molto prima dell’avvento di fenomeni quali quella stronzata di Facebook. Ad ogni modo, una rete e’ composta da una serie di nodi (le persone) e di connessioni (ad esempio l’amicizia tra di esse). Il primo requistito affinche’ una rete possa essere definita piccolo mondo e’ che questa sia caratterizzata da una piccola distanza di percorrenza media, cioe’ la distanza tra due nodi qualsiasi deve essere sufficientemente breve. In altre parole, immaginate che per caso voi abbiate notato un ragazzo o una ragazza piuttosto attraente, ma che non abbiate avuto modo di rivolgere la parola a questa persona. Se siete abbastanza fortunati da vivere in un piccolo mondo, allora potrebbe avvenire che il fratello della sua coinquilina sia il compagno di corso di vostra cugina...coincidenza che renderebbe abbastanza facile per voi riuscire a risalire al numero di cellulare di questa persona (in pratica esistono quattro gradi di separazione fra voi). Inoltre, un piccolo mondo e’ democratico poiche’ non vi sono leader. Un gruppo tenuto insieme dalla forte personalita’ di un singolo potrebbe verosimilmente collassare su se stesso una volta che questo hub venisse rimosso (per esempio il leader abbandona il gruppo, o muore). Al contrario, tutti i membri di un piccolo mondo hanno relazioni significative con ogni altro membro, cosi’ che la dipartita di un membro non scalfira’ il generale senso di appartenenza. Il che ci porta al secondo requisito di una rete di tipo piccolo mondo: l’alto livello di aggregazione.

Questo e’ quanto per la teoria.

Ma come vanno le cose nella realta’ dei fatti?

Credo che nella realta’, come al solito, le cose siano un po’ diverse. Infatti, nelle relazioni umane esiste una forte componente casuale, difficile da formalizzare. Pensate alla persona nella quale vi siete imbattuti per caso di cui si parlava prima. L’avreste mai incontrata se foste usciti di casa cinque minuti piu’ tardi? Forse non ci sarebbe mai stata un’altra occasione. Le strade si incrociano in maniera talmente accidentale, ma proviamo a pensare da quanto lontano, in termini di spazio e tempo, queste siano partite, quante circostanze abbiano preparato il terreno per questa casuale collisione. Provate a forzare una nuova collisione tra queste strade, probabilmente non ci riuscireste mai. Un po’ come lanciare un bicchiere di carta e vederlo atterrare in perfetto equilibrio sul bordo del cestino, provate a farlo di nuovo intenzionalmente, potete provare migliaia di volte, ma non credo riuscireste a farlo di nuovo. Eppure, in un mondo che si restringe come quello in cui viviamo attualmente, le possibilita’ crescono, le distanze di percorrenza media diminuiscono. Il dramma, in tutto cio’, e’ che le connessioni tra i nodi sono diventate cosi’ precarie...

Thursday, 22 May 2008

the blue sky catastrophe (shrinking worlds, growing impatience)






















>>>click HERE to watch the animation<<<

I was getting bored the other day, so I decided to take a tour on my spatio-temporal device which I built from a second hand washing machine. I jumped in and it took me to this cool place (cold in fact, as you can see it has been snowing all the time) where I've been hanging around the whole afternoon. There was such an amazing view from there.
Moral of the story: always use fabric conditioner!

OK, that was a joke. By the way, I’ve delayed the publication, but as we’re not on Flickr, we pay attention to quality rather than quantity here.

I was a bit undecided about the subject for the text to be added to this photo. I was initially tempted to talk about self-similarity, but I think I’ll leave it to another time. Yet, I still want to try and explore reality at a finer and finer scale. I’m not sure whether a limit exists to the resolution of matter. Of course scientists proposed the concept of quark, but we are free, or at least our imagination is free to keep on zooming in, practically ad infinitum. In fact, this really sounds like Zeno’s paradox. As by doing so we managed to embed infinity into a closed and therefore finite shape (e.g. my body hanging from a peg). This really makes me feel dizzy…a self-contained infinity…
Let’s our imagination stray unconstrained beyond quarks and everything, what are we going to see next? Perhaps we might see what abstract things are made of. I’d love to be able to do that. What is nostalgia made of, for instance? As we continue our voyage into these dark waters, we reach a point where space ceases to exist, and time ceases to exist. That’s how we make a moment be for good. A hug, scent of hair, folds on a bed linen. Nostalgia’s gone. There’s only here and now, hic et nunc.

Leggete l’incipit (in corsivo) in inglese, perche’ contiene parti intraducibili e allora ho rinunciato a tradurlo. E’ una cosa scherzosa ad ogni modo.

Come vedete, ho un po’ ritardato la pubblicazione, ma dato che non siamo su Flickr, qui si da precedenza alla qualita’ piuttosto che alla quantita’.

Ero indeciso sull’argomento del testo da abbinare a questa foto. Ero inizialmente tentato di parlare di auto-similarita’, ma credo che ne discutero’ un’altra volta. Voglio comunque provare ad esplorare la realta’ ad una scala sempre piu’ minuta. In effetti non sono sicuro se un limite alla risoluzione della materia esista. Certo, gli scienziati hanno proposto il concetto di quark, pur tuttavia noi si e’ liberi, o almeno la nostra immaginazione lo e’, di continuare a zoomare all’infinito. In effetti la cosa ricorda molto il paradosso di Zenone. Poiche' cosi facendo avremo catturato l’infinito, circoscrivendolo in una forma chiusa, e di conseguenza finita (ad esempio il mio corpo che pende dalla molletta). Ammetto che la cosa mi da un po’ di capogiro...un infinito auto-contenuto...

Ma lasciamo che la nostra immaginazione vada alla deriva senza vincoli, al di la’ dei quarks e tutto il resto...che cosa vedremmo? Forse riusciremmo a visualizzare cio’ di cui le cose astratte son costituite. Vorrei davvero poterlo fare. Ad esempio, di cosa e’ fatta la nostalgia? Continuando il nostro viaggio in queste acque oscure, si arriverebbe ad un punto in cui lo spazio cesserebbe di esistere, e il tempo cesserebbe di esistere. E’ cosi’ che potremmo rendere un momento eterno. Un abbraccio, profumo di capelli, pieghe sulle lenzuola. La nostalgia e’ andata via. Esiste solo un ora e adesso, hic et nunc.

Tuesday, 13 May 2008

afterglow|aftermath















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Those who aim straight towards the heavens. Those who try to catch the Sun. Icarus. It is a delicate balance, the closer you get to the Sun, the more you risk to get your wings burnt. You get closer to your dreams, then, suddenly a dream is over, and there's nothing left other than broken pieces to settle for, and claim. One fine day you realize you've grown too tired to face another fall. Wings become memories, clouds become faces, the Sun goes down, but nobody will chase it down tonight.



Coloro che mirano dritti al cielo. Coloro che cercano di cogliere il Sole. Icaro. E’ un delicato equilibrio, piu’ ci si avvicina al Sole, piu’ si rischia di bruciare le proprie ali. Ci si avvicina ai propri sogni, poi, improvvisamente un sogno e’ finito e non restano che cocci di cui accontentarsi, e da rivendicare. Un bel giorno ci si rende conto che si e’ troppo stanchi per affrontare un’altra caduta. Ali diventano ricordi, nuvole diventano volti, il Sole tramonta, ma nessuno lo inseguira’ questa sera.

Monday, 5 May 2008

sunken cathedral















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I'd like to start from where I finished last time.
Braiding ropes.
Well, I'll get there in a moment. First look at this picture. I particularly like this view of Galway, the bridge crossing the mighty Corrib, and getting to the cathedral. It makes me love this place in those moment I think I wish to be somewhere else. Sometimes I think how I ended up in this place. There must be an exact moment in the past that triggered the series of events that brought me here. When did it all begin? And how? There are people who believe in destiny. There is no such thing as destiny, there are only different choices, and a series of random events. Which intertwine. Which self-amplify. And start to weave a future, just one of the possible futures. The thought can easily become obsessive. I see invisible branches, extending to horizons which won't ever be reached. A long way to go with no punch...

Vorrei cominciare da dove ho lasciato l’ultima volta.
Intrecciare corde.
Ci arrivero’ in un momento. Prima, guardate questa foto. Mi piace particolarmente questo scorcio di Galway, con il ponte che attraversa il potente Corrib, e porta alla cattedrale. Mi fa amare questo posto in quei momenti in cui vorrei essere altrove. A volte penso a come io sia finito in questo posto. Deve esserci un preciso momento del passato che ha dato avvio a tutta una serie di eventi che mi hanno infine portato qui. Da dove e’ iniziato? E come? Alcune persone credono nel destino. Non c’e’ alcun destino, vi sono solo scelte differenti, ed una serie di eventi casuali. Che si intersecano. Che si auto-amplificano. E cominciano ad intessere un futuro, solo uno dei possibili futuri. E’ un pensiero che puo’ facilmente diventare ossessivo. Intravvedo invisibili ramificazioni, che si estendono verso orizzonti irraggiungibili. Una lunga strada da percorrere, senza effetto alcuno...


Thursday, 1 May 2008

intermezzo
















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Now, this is actually called "what if you stay this time?" which is a quote from one of my favourite films. But this is indeed an intermezzo. Why? Because:

1) I wouldn't normally publish here photos posted elsewhere

and

2) I wouldn't normally talk about myself here

But consider this to be an exception. And allow me some self-referentiality by writing that this photo appeared in Ropes, the arts magazine published annually by the MA in literature and publishing at NUI Galway. It was an honour, as a "man of science" to share the stage with aspiring and established artists.

It is interesting how it was almost purely accidentally that I took this photo, as I was stuck under a sudden shower and found shelter under a balcony. I wanted to take pictures of passers-by with umbrellas, but then I noticed the reflections, and this cyclist turned up. It is interesting how random events start to invisibly braid these ropes, whose ends we only become aware of after a long time...

A dire il vero, il titolo di questa foto e’ “what if you stay this time?” citazione da uno dei miei film preferiti. Ma si tratta in effetti di un intermezzo. Perche’? Per i seguenti motivi:

1) Normalmente non pubblico qui foto apparse altrove

e

2) Normalmente non parlo di me stesso qui

Ma prendetela come un’eccezione. E permetemi una piccola dose di auto-referenzialita’ nello scrivere qui che questa foto e’ apparsa nella rivista d’arte Ropes, pubblicata annualmente come progetto del master in letteratura e pubblicazione presso l’Universita’ di Galway. Da “uomo di scienze” e’ stato un onore condividere la scena con artisti promettenti e affermati.

E’ interessante notare come questa foto fu scattata quasi accidentalmente, mentre colto da un improvviso acquazzone, mi riparavo sotto un balcone. Avrei voluto fare scatti a passanti muniti di ombrello, ma poi notai i riflessi, e questa ciclista apparve. E’ interessante come eventi casuali comincino invisibilmente ad intrecciare queste corde, di cui notiamo i capi solo dopo che molto tempo e’ passato...

Wednesday, 23 April 2008

loopool















Kensington Gardens, London

more photos from London (click pictures to enlarge):


I am vertical






























I wanted to write something about travelling, but I realized I won't say it better than Pessoa, whom I quote again:

"Travel? One need only exist to travel. I go from day to day, as from station to station, in the train of my body or my destiny, leaning out over the streets and squares, over people's faces and gestures, always the same and always different, just like scenery. If I imagine, I see. What more do I do when I travel? Only extreme poverty of the imagination justifies having to travel to feel. 'Any road, this simple Entepfuhl road, will lead you to the end of the World. But the end of the world, when we go around it full circle, is the same Entepfuhl from which we started out. The end of the world, like the beginning, is in fact our concept of the World. It is in us that the scenery is scenic. If I imagine it, I create it; if I create it, it exists; if it exists, then I see it like any other scenery. So why travel? In Madrid, in Berlin, in Persia, in China, at the Poles both, where would I be but in myself, amd in my particular type of sensations? Life is what we make of it. Travel is the traveller. What we see isn't what we see but what we are".

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Avrei voluto scrivere qualcosa sul tema del viaggio, ma mi sono resco conto che non avrei saputo parlarne meglio di quanto abbia gia' fatto Pessoa, che cito nuovamente:

"Viaggiare? Per viaggiare basta esistere. Passo di giorno in giorno come di stazione in stazione, nel treno del mio corpo, o del mio destino, affacciato sulle strade e sulle piazze, sui gesti e sui volti, sempre uguali e sempre diversi come in fondo sono i paesaggi.
Se immagino, vedo. Che altro faccio se viaggio? Soltanto l’estrema debolezza dell’immaginazione giustifica che ci si debba muovere per sentire.
“Qualsiasi strada, questa stessa strada di Enterpfuhl, ti porterà alla fine del mondo”. Ma la fine del mondo, da quando il mondo si è consumato girandogli attorno, è lo stesso Enterpfuhl da dove si è partiti. In realtà la fine del mondo, come il suo inizio, è il nostro concetto del mondo. E’ in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo, se li creo esistono; se esistono li vedo come vedo gli altri. A che scopo viaggiare? A Madrid, a Berlino, in Persia, in Cina, al Polo; dove sarei se non dentro me stesso e nello stesso genere delle mie sensazioni?
La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò vediamo, ma ciò che siamo
".


 
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